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L’INFORTUNIO MORTALE DEL 2015 ALLA GATTI PRECORVI DI MEDOLAGO: UN’ADDETTA ALLE PULIZIE PERSE LA VITA. LA SENTENZA LASCIA LA FIOM-CGIL “AMARAMENTE SORPRESA”

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Bergamo, venerdì 22 novembre 2019

Assolto per non avere commesso il fatto: è quanto ha deciso il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo nei confronti dell’amministratore delegato e responsabile per la sicurezza della Gatti Precorvi di Medolago nel processo per omicidio colposo per la morte, nel 2015, di una lavoratrice. La donna, addetta alle pulizie, era deceduta dopo essere stata investita da un muletto in transito nel piazzale dell’azienda il 15 luglio di quell’anno. Il lavoratore alla guida del mezzo è stato, invece, condannato a un anno di reclusione (pena sospesa).

 La FIOM-CGIL di Bergamo, che si è costituita parte civile, ha commentato oggi di essere “amaramente sorpresa” per la sentenza pronunciata il 15 ottobre scorso e di cui, negli ultimi giorni, sono state rese note le motivazioni. “Rispettiamo la decisione della magistratura, non c’è alcuna volontà di contestare quanto deciso, ma, certo, non possiamo non dirci perplessi” ha commentato oggi Andrea Agazzi, segretario generale della FIOM-CGIL provinciale.

 Pochi mesi prima dell’infortunio, la FIOM-CGIL aveva più volte chiesto alla Gatti Precorvi di tracciare le strisce del passaggio pedonale: “Il punto è che mancava la segnaletica orizzontale: durante una visita nel novembre del 2014 l’ASL aveva ordinato all’azienda di provvedere subito a risolvere la mancanza, così come previsto dal Testo Unico sulla salute e sicurezza lavoro (D. lgs n 81/2008) che all’allegato XXVIII prevede: 2.1. Qualora l’uso e l’attrezzatura dei locali lo rendano necessario per la tutela dei lavoratori, le vie di circolazione dei veicoli devono essere chiaramente segnalate con strisce continue di colore ben visibile, preferibilmente bianco o giallo, in rapporto al colore del pavimento.”

Negli incontri successivi a quell’intervento la FIOM-CGIL ha continuato a chiedere –inutilmente- che si provvedesse a mettere in sicurezza l’area. “Eppure questo, pur emerso in Tribunale, sembra non aver avuto alcun rilievo” prosegue Agazzi. “Al datore di lavoro non viene attribuita alcuna responsabilità per l’accaduto. Nelle motivazioni della sentenza il giudice ha affermato che l’area pedonale era chiaramente e sufficientemente demarcata e distinta, per diverso colore e materiale della pavimentazione, da quella di transito dei veicoli e che, comunque, anche se fossero state configurabili violazioni della normativa relativa alla segnaletica, le stesse non sarebbero state in rapporto causale diretto con l’evento, verificatosi esclusivamente a causa del comportamento del mulettista”.

Altra questione è quella della formazione del lavoratore: “Il mulettista aveva frequentato un corso per carrellisti nel 2007, cioè molti anni prima” prosegue il sindacalista. “La legge (Accordo Stato-Regioni 22 febbraio 2012) sulle attrezzature di lavoro, invece, prevede che l’abilitazione deebba essere rinnovata entro 5 anni dalla data di rilascio dell’attestato di abilitazione, previa verifica di idoneità alla mansione e partecipazione a corso di aggiornamento. Nemmeno questa mancanza dell’azienda – che è tenuta alla formazione dei propri lavoratori - sembra essere stata ritenuta importante dal giudice, che ha rilevato come il mulettista, con un’esperienza di dieci anni, avesse tenuto una condotta di guida (procedendo in avanti anziché in retromarcia) in contrasto con le basilari regole impartite ai carrellisti”.

Per il nostro sindacato, da sempre attivamente impegnato nella tutela della salute dei lavoratori, l’esito di questo procedimento deve essere occasione di una profonda riflessione che riguardi sia le attività di promozione della cultura della sicurezza tra i datori di lavoro e gli stessi lavoratori, sia le modalità di vigilanza, di verifica e di controllo sull’effettiva applicazione delle misure preventive. Occorre, infatti, diffondere all’interno delle aziende una più attenta consapevolezza della priorità della tutela delle persone rispetto a qualsiasi esigenza produttiva, onde evitare che, pur in presenza di formale rispetto della normativa di sicurezza, vengano tollerati, o comunque non impediti, comportamenti imprudenti e pericolosi” conclude Agazzi.

Anche Angelo Chiari, responsabile del Dipartimento Sicurezza della CGIL di Bergamo, interviene sulla sentenza: “Si fa davvero molta fatica a comprendere il motivo per cui, nelle motivazioni, non vengano prese in considerazione le mancanze da parte dell’azienda. In particolare in merito alla formazione, abbiamo sempre sostenuto come, a fronte dell’efficacia di azioni di controllo e di sanzione da parte degli organi ispettivi, fossero altrettanto indispensabili azioni di prevenzione attraverso la formazione continua dei lavoratori sui temi della sicurezza”.